Madri e figlie
da "Conversazioni di Laura Tremelloni"
di Laura Tremelloni
Vediamo ora qualche particolare circa
lo sviluppo psicosessuale della bambina che è differente
da quella del maschietto. In essa inizialmente l’attaccamento alla madre, come
oggetto fondamentale d’amore, implica desideri inconsci di appropriarsi della
madre e del suo corpo. La madre attraverso le sue cure quotidiane trasmette
alla bambina le proprie fantasie inconsce narcisistiche e sessuali e la sua
vitalità. Il suo percorso psicoaffettivo è più complesso di quello del maschio.
Infatti il maschietto, dopo lo stretto
legame primitivo con la madre, dovrà abbandonare la vecchia traccia affettiva
del legame materno per seguire la via dell’identificazione col padre, ai fini
di raggiungere la sua maschilità.
I connotati della relazione materna
sono comuni ai bambini dei due sessi, ma per la bambina le immagini
somatopsichiche, che diventeranno rappresentazioni psichiche del proprio corpo
e delle zone erogene, iniziano precocemente la loro formazione attraverso le
cure materne. Si formano allora le prime tracce della rappresentazione del
corpo femminile, con l’assunzione dei significati erogeni delle sensazioni
interne ed esterne cutanee. In questo
modo la bambina organizza precocemente i primi segni psichici delle relazioni
future amorose e sessuali. Le rappresentazioni corporee inconsce dipendono dal
modo in cui la madre ha investito narcisisticamente e
libidinalmente il sé fisico e psichico della bambina oppure ha trasmesso le sue ansie inconsce riguardanti le funzioni corporee e
sessuali.
Per tornare alla donna adulta, da un
punto di vista biologico l’elemento comune tra madre e figlia rimane
l’appartenenza allo stesso sesso. Come ben
sapete, il concetto della femminilità però non
dipende solo dalle caratteristiche sessuali. Le radici biologiche forniscono
alla bambina l’idea della appartenenza al sesso femminile, ma il sentimento d’identità sessuale non dipende dall’eredità biologica,
bensì dalle rappresentazioni psichiche trasmesse dalle immagini dei genitori.
Infatti, ciascun individuo diventa uomo o donna secondo una visione personale e
può anche combattere contro il proprio sesso biologico.
Oggigiorno più che mai, ogni donna nel
ruolo di madre si trova di fronte a due modelli di realizzazione a volte
contradditori: essere madre, essere donna; essere dipendente, essere autonoma;
essere rispettabile, essere desiderabile; essere devota agli altri, essere
devota principalmente ai propri canoni di perfezione; essere rappresentante di
una linea genealogica o essere soggetto nuovo o stravagante, essere
procreatrice o creatrice. Molte si ritrovano appagate e sicure in una posizione
specifica, altre si sentono lacerate dall’esistenza di molti fattori conflittuali.
Ci sono donne più femmine che madri, alcune più madri che femmine, altre né
madri, né femmine, altre più bambine o adolescenti che donne, altre che si
sentono sempre superiori a tutti per bellezza, doti o successo, altre sempre
inferiori e timide, altre gelose o particolarmente narcisistiche, altre sempre
depresse ecc..
Sul concetto di
essere donna influiscono sul singolo individuo variazioni storiche
dell’ambiente e degli sviluppi culturali in evoluzione continua, tanto che nel
giro di sole due generazioni abbiamo potuto apprezzare notevoli cambiamenti nei
comportamenti delle donne.
Un problema da considerare riguarda il passaggio della donna dalla maternità alla femminilità nel senso che
per molti anni la funzione materna è presente nella vita di una donna come
fattore centrale di attenzione; ma poi quando la figlia diventa grande la sua
presenza è destinata a diventare periferica oppure rappresenta uno dei tanti
aspetti della vita.
L’amore materno
viene considerato un fattore globale che comprende la tenerezza, la compassione, la dedizione, l’abnegazione,
la sollecitudine, senza tenere conto dell’ambivalenza dei sentimenti e
della concorrenza di molti fattori nella
sua estrinsecazione. Durante l’infanzia dei figli, la dedizione materna verso i
bambini è soggetta a molteplici fattori presenti nella vita di coppia e nelle
difficoltà quotidiane della vita. Ma quando i figli diventano adulti come si
trasforma?
Raggiungere
un’identità chiede un impegno che si deve svolgere assieme a quello della differenziazione che permette di costruire un se stesso diverso, non come
copia di un altro. Quindi questo processo di diversificazione per una ragazza è
più difficile che per un maschio, data la uguaglianza sessuale e lo stesso
destino corporeo della madre. La figlia deve costruire il suo sentimento di identità per imitazione di un essere da cui deve
differenziarsi, conciliando il suo sentimento d’amore con i sentimenti
d’amore per l’altro sesso.
La presenza di fantasmi onnipotenti della madre di dominio sulla figlia hanno effetti
deplorevoli rispetto alla soggettività delle figlie. Perché una relazione
madre-figlia sia sufficientemente buona è necessaria quindi la presenza del
terzo in quanto separatore della simbiosi iniziale e mediatore rispetto alla
onnipotenza materna La sua funzione é che possa ridurre la dominazione della
madre sui figli. L’omosessualità femminile passa attraverso il fantasma della
partenogenesi.
Il
problema di fusione/differenziazione tra madre e figlia hanno grande importanza
nelle situazioni di sterilità o di maternità, dove non sono mai assenti conflitti psichici. La nascita di un figlio
rimane per una donna una soddisfazione senza uguali, ma nel caso della nascita
di una figlia esistono sentimenti di delusione, perché la figlia rappresenta l’esatta
situazione vissuta dalla madre come invidia del sesso che non ha e la sua
auto-svalorizzazione conseguente.